Fes = Meknes³
Più caotica, più rumorosa, più incasinata, più sporca, più bella, più affascinante. Fin dal nostro arrivo in questa città da ben un milione di abitanti abbiamo subito capito che raggiungere il riad dove avremmo dormito per ben tre notti non sarebbe stata impresa semplice: già quella che loro chiamano tangenziale è essenzialmente una grossa striscia d’asfalto dove è possibile incontrare tutto e tutti, in un brulicante vortice di eccessi a qualsiasi ora del giorno e della notte. Per trovare il parcheggio concordato ci abbiam messo circa un’ora e mezza, grazie anche alle diffusissime indicazioni stradali che ci sono in Marocco (evidentemente sono fermi oppositori dell’inquinamento visivo) nonché delle precise e concordanti informazioni della gente del luogo a cui ci siamo rivolti più volte.
Una volta incontrato il proprietario, un inglese trasferitosi in Marocco da due anni e totalmente rinchiuso nella sua solitudine fatta di tv, internet e videogiochi, abbiamo finalmente preso la prima vera fregatura della vacanza: non abbiamo fatto in tempo ad allungare al portaborse una banconota sbagliata (l’equivalente di 20 euro invece che 2…) che questo ha eguagliato, se non battuto, il record di Bolt sui 100 m… Primo segnale che qualcosa non sarebbe andato nel verso giusto…
Come in tutte le medine, anche, e soprattutto, a Fes districarsi tra le stradine pensando di sapere dove ci si trova in ogni momento è pura illusione: in uno dei tantissimi vicoli ciechi in cui ci siamo infilati siamo stati agganciati da un ragazzino, Amsa, che a soli 13 anni parlava più lingue di un laureato italiano. Li per lì ci è sembrato un gesto carino chiedergli qualche informazione circa la nostra posizione se non fosse che ha iniziato ad accompagnarci in tutti i posti segnalati, facendoci fare un tour completo della città in metà del tempo di quello consigliato dalla guida. Come le api sul miele sono sopraggiunti il fratello più piccolo (ma molto più furbo…) e altri scugnizzi, attratti dal guadagno facile di qualche dirham. Non c’è che dire, la loro abilità ci è stata utilissima, ma alla fine della giornata l’accorgersi di aver favorito direttamente lavoro nero, e per giunta minorile, non ci ha fatto molto piacere. Se poi, come abbiam saputo in seguito, c’è un corpo di polizia in borghese apposito che gira per la medina, beh…
Fes ci ha confermato la prima impressione avuta a Meknes: la medina, pur essendo al centro, è una città nella città, totalmente distaccata da tutto ciò che sta al di fuori delle mura. Fa impressione constatare come chi ha la fortuna (secondo noi sfortuna) di nascere lì dentro sia destinato a viverci per sempre, in una sorta di costrizione psicologica e culturale insormontabile: da lì difficilmente ne vieni fuori, ancorato come sei a quelle tradizioni e a quel modo di sopravvivere che non ti fa modo di conoscere un’alternativa.
Oltre alle bellissime mederse e moschee, sempre interdette ai non musulmani, Fes è famosa per il quartiere dei conciatori: se mai ci verrete, questa è l’unica zona per la quale non vi servirà nessuna cartina per raggiungerla. L’odore nauseante delle vasche ripiene di guano di piccione, calce, tinture e acqua maleodorante ti si avvinghia appena sei a tiro senza possibilità di scampo. Avvicinarsi è impossibile, rimane l’alternativa di entrare in qualche negozio, salire sulla terrazza e osservare (con molta ammirazione) quelle persone che in quelle vasche ci lavorano per tutta la vita.
Poi, chiaro, ridiscendi nel negozio che casualmente vende borse di pelle e Sara non la vedi più!!! La sua scarsa abilità nel contrattare ha fatto si che le trattative siano state abbastanza veloci, non come invece la vera e propria guerra instaurata col venditore di tappeti del negozio a fianco: presa come una sfida personale, in 4 contro 1, in una lingua mista tra italiano, francese e spagnolo ci siamo battuti fino all’ultimo euro per il tappeto di Marco (che all’inizio non aveva preso neppure in considerazione l’acquisto) uscendo con la convinzione di essere vincitori visto il prezzo strappato.
Abbiamo chiaramente evitato di verificare negli altri negozi quali erano i prezzi per articoli simili, onde evitare delusioni cocenti!!
Dopo una giornata ricca e faticosa ecco arrivare il momento della cena e qui si materializza la maledizione del turista europeo fighetto in Africa: pur seguendo le indicazione della Lonely Planet finiamo in un tipico ristorantino marocchino, fatto di quattro tavolini all’aperto e un’unica stanza di 6 mq che fungeva da “cucina”. Non l’avessimo mai fatto…. E qui per pudore mi fermo e lascio alla vostra immaginazione L